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Giovanni Calvino |
Un innegabile legame associa il Cristianesimo protestante di Martin Lutero e di Giovanni Calvino al capitalismo moderno. La diffusione dell'etica protestante, cioè, fu la precondizione necessaria alla nascita di una classe di imprenditori dediti al lavoro che non cercano soltanto il profitto fine a se stesso, ma lo reinvestono sistematicamente in nuove attività per generare e accumulare ulteriore ricchezza.
Secondo Calvino, infatti, il successo nel lavoro e l'arricchimento personale possono essere interpretati come un senso della benevolenza e del favore di Dio. Il teologo-filosofo afferma che l'uomo è predestinato e "nulla può fare per arrivare fino a Dio".
Né il libero arbitrio (su cui insiste il teologo cattolico Erasmo da Rotterdam) né le opere di beneficenza possono salvare l'umanità dal peccato originale e dall'insindacabile giudizio del Creatore. Per Calvino l'esistenza è basata sul concetto di "ascetismo mondano" secondo cui ogni uomo, pur essendo predestinato, può instaurare un rapporto con il Creatore se e solo se nella vita si impegna a diventare uno strumento attivo dei programmi e dei disegni divini.
Questa particolare visione della vita in cui il lavoro - la cui etica, appunto, è basata sul concetto di beruf che in tedesco significa vocazione (intesa come vocazione professionale) - assume una valenza quasi religiosa e ha creato un solido retroterra per la genesi del capitalismo specialmente in quei paesi da cui è partita la prima rivoluzione industriale. Pur giustificando il "frutto" del denaro, il pensiero religioso calvinista si accompagna ad una visione della società molto diversa e lontana da quella che oggi caratterizza il "turbo-capitalismo" contemporaneo che, in un mondo globalizzato, rischia di creare un'economia sempre più sganciata da qualsiasi prescrizione di tipo etico.
Per Calvino il concetto di produttività è da intendersi prettamente collegato al binomio lavoro-vocazione che deve essere strettamente legato a quello di zelo e coscienza. La ricchezza prodotta dall'impresa, infatti, non deve essere fine a se stessa, ma deve essere reinvestita come bene sociale al fine di migliorare la società.