La parola impresa ha molti significati.
Comunemente viene usata per definire un’azione difficile e valorosa o, in
economia, un organismo volto alla commercializzazione di beni o di servizi con
il conseguimento di un profitto.
Nella prima accezione il vocabolo è utilizzato in mitologia
e letteratura. È sufficiente pensare alle imprese di Icaro o di Ulisse
oppure ad autori come Manzoni, D’Annunzio, Leopardi che nei loro scritti
usano “impresa” con il significato di evento, avventura, impegno, spedizione,
litigio.
Dal punto di vista economico la storia della parola impresa
si può far risalire a migliaia di anni fa quando i mercanti mettevano a
disposizione il capitale nel commercio marittimo.
Nel corso dei secoli le industrie richiesero sempre più specializzazione
del lavoro e notevole grado di organizzazione.
La prima vera impresa pare sia nata nel Medioevo a
Newbury in cui una sola persona riuniva nella sua casa 1000 tessitori.
Bisogna arrivare al 1700 per veder emergere in Inghilterra una
classe di intraprendenti yeomen farmers e dalla prima rivoluzione industriale
perché l’imprenditore si interessi a tecnologia, accumulo ed utilizzo del
capitale.
La parola entrepreneur largamente usata anche in inglese ha
acquistato il suo significato grazie a Cantillon, ma quale deve essere oggi la
funzione di un’impresa e la sua evoluzione? Filosofia e sociologia
se ne sono occupati non solo su un versante ideologico ma anche teoretico e
morale.
Filosofi, esperti di strategia di impresa, teorici della complessità
si confrontano sui principi di fondo della creazione di valore. Un innegabile
legame associa il Cristianesimo protestante di Lutero e Calvino al capitalismo
moderno. Calvino, affermando che la ricchezza prodotta dall’impresa non deve
essere fine a sé stessa, ma reinvestita come bene sociale al fine di migliorare
la società, non si discosta molto dal concetto etico attuale in
cui ogni impresa, per difendere il proprio vantaggio competitivo ed ottimizzare
la creazione di valore, deve considerare nei propri modelli di business anche
gli aspetti ambientali e sociali del proprio operato, deve cioè adottare i principi
della sostenibilità. Si può dire che un’impresa è socialmente
responsabile quando, consapevole degli aspetti prodotti e dell’influenza
esercitata sulla società, se ne fa carico e adotta comportamenti coerenti alle
aspettative dei suoi interlocutori.
Se questo si concretizza la visione di Adriano Olivetti non
sarà più un’utopia e “l’impresa produrrà bellezza… equilibrio… cultura…
libertà… e saranno loro bellezza e libertà a dirci come essere felici”. In quest’ottica
può essere accettata anche la pubblicità fatta attraverso un testimonial,
uno spot, uno slogan, una serie televisiva, ecc. purché
sia intelligente e non si basi soltanto su stereotipi scontati o di genere.
Anche le tech companies dovranno venire in supporto alle imprese
mettendo a punto modelli organizzativi innovativi in grado di gestire al meglio
il cambiamento cui oggi è sottoposta la società e dovranno favorire la nascita
di impese che sfruttino tecnologie digitali costruendo su di esse business
model che lavorino soprattutto sulle competenze.
Perché l’impresa è cultura, la produce al suo interno, la
importa e la immette nella società, in uno scambio biunivoco: nelle relazioni,
nei processi e nei prodotti. Dalla cultura di impresa “politecnica” e nel
contempo “visionaria” ed innovativa nasce la qualità ed il successo.
Impresa e cultura non sono un ossimoro. La cultura e
la filosofia possono essere un reale investimento. In modo particolare compito
della filosofia nell’ingegneria è un’indagine sistematica che verte sia
sulle conoscenze teoriche di cui gli ingegneri si avvalgono sia sulla natura
delle opere che progettano e realizzano, perché l’ingegneria è l’arte di far
funzionare le cose, ma anche la scienza in grado di spiegare perché funzionano.